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CHI E' IPPOCRATE?


Ippocrate di Coo

Ippocrate di Coo
Egli rivoluzionò il concetto di medicina distinguendola da altri campi, tradizionalmente associata con la teurgia e la filosofia, stabilendo così la medicina come professione.
In particolare, egli ebbe il merito di far avanzare notevolmente lo studio sistematico della medicina clinica, riassumendo le conoscenze mediche delle scuole precedenti e di descrivere le pratiche per i medici attraverso il Corpus Hippocraticum e altre opere.

Vita
Figlio di Eraclide e di Fenarete, Ippocrate proveniva da una famiglia aristocratica con interessi medici, i cui membri erano già appartenuti alla corporazione degli Asclepiadi. Il padre, egli stesso medico, affermava di essere un discendente diretto di Asclepio, dio della medicina. Fu proprio il padre, insieme ad Erodico, ad introdurre il giovane Ippocrate all'arte medica. Egli lavorò a Kos, viaggiò molto in Grecia e fu anche ad Atene. Ma esercitò specialmente nelle regioni della Grecia settentrionale, in Tracia e a Taso.
Ippocrate viaggiò moltissimo, visitò tutta la Grecia ed arrivò persino in Egitto e in Libia. Alla sua epoca l'Egitto era il paese ritenuto più avanzato nella cultura scientifica e tecnologica, nonché nell'aritmetica e nella geometria. Quasi tutti i medici laici viaggiavano molto per curare i malati e studiare le metodologie di cura.
Acquisì grande fama in vita, contribuendo a debellare la grande peste di Atene del 429 a.C., ma anche, e forse soprattutto, per la sua attività di maestro. Egli infatti fondò una vera e propria scuola medica e scrisse diverse opere, una settantina, che sono raccolte nel "Corpus Hippocraticum".

Pensiero

Ippocrate introdusse il concetto innovativo secondo il quale la malattia e la salute di una persona dipendono da specifiche circostanze umane della persona stessa e non da superiori interventi divini; egli fu anche il primo a studiare l'anatomia e la patologia (per farlo applicò la dissezione sui cadaveri).
Ippocrate inventò la cartella clinica, teorizzò la necessità di osservare razionalmente i pazienti prendendone in considerazione l'aspetto ed i sintomi e introdusse, per la prima volta, i concetti di diagnosi e prognosi. Egli credeva infatti che solo la considerazione dell'intero stile di vita del malato permetteva di comprendere e sconfiggere la malattia da cui questo era affetto. Se tale prospettiva è rimasta ancora oggi come tipica della pratica medica, la ricchezza degli elementi che Ippocrate chiama in causa (dietetici, atmosferici, psicologici, perfino sociali) suggerisce un'ampiezza di vedute che raramente sarà in seguito praticata. Ma la necessità di una considerazione globale valeva anche in senso inverso: ogni elemento nella natura umana aveva, infatti, ripercussioni sull'intera esistenza.
Tale innovazione appare chiara soprattutto a partire dalle osservazioni che Ippocrate rivolge all'indirizzo della scuola di Cnido. Questa, sotto l'influenza delle prime osservazioni scientifiche compiute in area ionica (Talete, Anassimandro) aveva rafforzato lo spirito di osservazione tipico dei primi medici itineranti greci, nominati nei poemi omerici. Da una parte Ippocrate ha grande stima di tale approccio sperimentale, ritenendo che grazie ad esso l'intera verità potrà gradualmente essere scoperta; dall'altra parte egli ne critica il fatto che le osservazioni empiriche non siano congiunte in un quadro scientifico complessivo, che metta ordine nell'infinita varietà dei fenomeni con i quali il medico si deve confrontare. Solo questa conoscenza di tipo universale rende infatti il medico veramente tale. Ippocrate valorizza il dialogo tra medico e paziente. "Se ti udrà un medico di schiavi, ti rimprovererà:" Ma così tu rendi medico il tuo paziente!" proprio così dovrà dirti, se sei un bravo medico" Il concetto è chiaro. La citazione è fatta a memoria, tratta da Paideiadi Werner Jaeger (traduzione La Nuova Italia).

Teoria degli umori

Ippocrate sostenne la "teoria umorale", secondo la quale il nostro corpo sarebbe governato da quattro umori diversi (sangue, bile gialla, bile nera, flegma), che combinandosi in differenti maniere condurrebbero alla salute (crasi) nel caso in cui questi siano in proporzioni ed equilibrio o, contrariamente, alla malattia. La teoria è espressa nel De Natura hominis del suo discepolo Probo.
A lui si deve l'importanza del concetto di dieta e alimentazione all'interno della dottrina degli umori e la coniugazione di medicina e chirurgia (ad esempio attraverso purghe e salassi).
Ancora oggi alcune malattie portano il suo nome. Ricordiamo le dita ippocratiche (o a bacchetta di tamburo) e la faccia ippocratica, tipica delle condizioni di grave sofferenza e indebolimento, ad esempio, nel caso di peritonite.

Etica del medico
Se da una parte la mancanza di qualsiasi vincolo legislativo aveva reso possibile lo sviluppo rapido della ricerca medica, d'altra parte essa spostava la riflessione anche sui doveri morali del medico. In diversi passi delle opere di Ippocrate egli insiste sull'esigenza che il medico conduca una vita regolare e riservata, non speculi sulle malattie dei pazienti ma anzi li curi gratuitamente se bisognosi, stabilisca un legame di sincerità con i malati. Il testo più celebre che codifica l'etica medica è però il giuramento (ancor oggi in uso), in cui vengono enumerati i princìpi fondamentali che deve seguire chi esercita questa professione: diffusione responsabile del sapere, impegno a favore della vita, senso del proprio limite, rettitudine e segreto professionale.

Giuramento di Ippocrate

Il Giuramento di Ippocrate viene prestato da medici, odontoiatri e veterinari prima di iniziare la professione. Prende il nome da Ippocrate a cui il giuramento è attribuito; la data di composizione non è definita, ma pare certo non preceda il IV secolo a.C.

Giuramento antico

L'originale greco:
« Ὄμνυμι Ἀπόλλωνα ἰητρὸν, καὶ Ἀσκληπιὸν, καὶ Ὑγείαν, καὶ Πανάκειαν, καὶ θεοὺς πάντας τε καὶ πάσας, ἵστορας ποιεύμενος, ἐπιτελέα ποιήσειν κατὰ δύναμιν καὶ κρίσιν ἐμὴν ὅρκον τόνδε καὶ ξυγγραφὴν τήνδε.
Ἡγήσασθαι μὲν τὸν διδάξαντά με τὴν τέχνην ταύτην ἴσα γενέτῃσιν ἐμοῖσι, καὶ βίου κοινώσασθαι, καὶ χρεῶν χρηίζοντι μετάδοσιν ποιήσασθαι, καὶ γένος τὸ ἐξ ωὐτέου ἀδελφοῖς ἴσον ἐπικρινέειν ἄῤῥεσι, καὶ διδάξειν τὴν τέχνην ταύτην, ἢν χρηίζωσι μανθάνειν, ἄνευ μισθοῦ καὶ ξυγγραφῆς, παραγγελίης τε καὶ ἀκροήσιος καὶ τῆς λοιπῆς ἁπάσης μαθήσιος μετάδοσιν ποιήσασθαι υἱοῖσί τε ἐμοῖσι, καὶ τοῖσι τοῦ ἐμὲ διδάξαντος, καὶ μαθηταῖσι συγγεγραμμένοισί τε καὶ ὡρκισμένοις νόμῳ ἰητρικῷ, ἄλλῳ δὲ οὐδενί.
Διαιτήμασί τε χρήσομαι ἐπ' ὠφελείῃ καμνόντων κατὰ δύναμιν καὶ κρίσιν ἐμὴν, ἐπὶ δηλήσει δὲ καὶ ἀδικίῃ εἴρξειν.
Οὐ δώσω δὲ οὐδὲ φάρμακον οὐδενὶ αἰτηθεὶς θανάσιμον, οὐδὲ ὑφηγήσομαι ξυμβουλίην τοιήνδε. Ὁμοίως δὲ οὐδὲ γυναικὶ πεσσὸν φθόριον δώσω. Ἁγνῶς δὲ καὶ ὁσίως διατηρήσω βίον τὸν ἐμὸν καὶ τέχνην τὴν ἐμήν.
Οὐ τεμέω δὲ οὐδὲ μὴν λιθιῶντας, ἐκχωρήσω δὲ ἐργάτῃσιν ἀνδράσι πρήξιος τῆσδε.
Ἐς οἰκίας δὲ ὁκόσας ἂν ἐσίω, ἐσελεύσομαι ἐπ' ὠφελείῃ καμνόντων, ἐκτὸς ἐὼν πάσης ἀδικίης ἑκουσίης καὶ φθορίης, τῆς τε ἄλλης καὶ ἀφροδισίων ἔργων ἐπί τε γυναικείων σωμάτων καὶ ἀνδρῴων, ἐλευθέρων τε καὶ δούλων.
Ἃ δ' ἂν ἐν θεραπείῃ ἢ ἴδω, ἢ ἀκούσω, ἢ καὶ ἄνευ θεραπηίης κατὰ βίον ἀνθρώπων, ἃ μὴ χρή ποτε ἐκλαλέεσθαι ἔξω, σιγήσομαι, ἄῤῥητα ἡγεύμενος εἶναι τὰ τοιαῦτα.
Ὅρκον μὲν οὖν μοι τόνδε ἐπιτελέα ποιέοντι, καὶ μὴ ξυγχέοντι, εἴη ἐπαύρασθαι καὶ βίου καὶ τέχνης δοξαζομένῳ παρὰ πᾶσιν ἀνθρώποις ἐς τὸν αἰεὶ χρόνον. παραβαίνοντι δὲ καὶ ἐπιορκοῦντι, τἀναντία τουτέων. »

La versione italiana:
« Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro.»

Giuramento moderno
Il giuramento, nella forma qui sotto riportata, è stato deliberato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri il 23 marzo 2007. La versione precedente risaliva al 1998.
« Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

  • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
  • di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
  • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
  • di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
  • di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
  • di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
  • di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
  • di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
  • di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
  • di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
  • di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
  • di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
  • di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.
Dubbi sulla reale attribuzione a Ippocrate
Diversi punti del giuramento fanno sorgere dubbi sul fatto che sia stato Ippocrate a dettare il giuramento. Il giuramento inizia con un’invocazione a diverse divinità. Eppure, Ippocrate è considerato il primo ad aver separato la medicina dalla religione e ad aver ricercato le cause delle malattie non nel soprannaturale ma nel razionale.
Oltre a ciò, diverse delle cose vietate nel giuramento non erano in conflitto con le pratiche mediche seguite ai tempi di Ippocrate. Per esempio, in quel periodo l’aborto e il suicidio non erano condannati dalla legge, né dalla maggioranza dei precetti religiosi. Inoltre chi pronunciava il giuramento prometteva di non operare nessuno tramite la pratica della litotomia, ma di lasciarlo fare a chi era esperto. Tuttavia le tecniche chirurgiche sono parte integrante del Corpus Hyppocraticum, la collezione delle opere mediche spesso attribuite a Ippocrate e ad altri scrittori dell’antichità.
Anche se la questione è ancora dibattuta fra gli studiosi pare piuttosto plausibile che il giuramento di Ippocrate in effetti non sia stato scritto da quest’ultimo. La filosofia espressa nel giuramento sembra armonizzare maggiormente con il pensiero dei pitagorici del IV secolo a.C., che sposavano gli ideali della sacralità della vita ed erano contrari alle procedure chirurgiche.

Le origini del paternalismo medico
Contrariamente alla vulgata, è improbabile che il Giuramento di Ippocrate (460-377 a.C.) abbia fornito uno standard di regole morali per i medici dell'Antichità, ed Edelstein ha concluso che è probabile che raggiunse lo status ad oggi attribuitogli solo in epoca cristiana. Più dell'etica deontologica del giuramento, nell'antichità era fortemente presente l'etica teleologica delle virtù di origine platonica. Per i secoli successivi all'epoca cristiana, durante il Medioevo ed il Rinascimento, le regole che disciplinano il rapporto guaritore-malato si sono invece basate sul Giuramento, che circolava in una varietà di traduzioni. L'etica che il padre della medicina moderna occidentale ha trasmesso rispecchia l'ideale del medico come filantropo al servizio di tutta l'umanità, ed al di sopra di qualsiasi divisione tra gli uomini.
Sin dalle sue origini, il rapporto tra medico e paziente, così come si è andato configurando nel mondo occidentale con la tradizione ippocratica, si è attenuto ad un ordine preciso: il dovere del medico è fare il bene del paziente, e il dovere del malato è di accettarlo. Un rapporto di tipo paternalistico, in cui la responsabilità morale del medico sta nella certezza che egli operi per il bene assoluto del malato.
Il medico greco, infatti, era considerato come un mediatore tra dèi e uomini e, in virtù delle sue conoscenze, era considerato un essere dotato di privilegio, autorità morale e impunità giuridica. Questo modello di medicina corrispondeva ad una visione paternalistica della vita e della società, in cui gli ideali erano ordine, tradizione e obbedienza alle leggi universali.

Le origini dell'autonomia
A partire dal XVI secolo, s'assiste a un'emancipazione della persona: le grandi rivoluzioni politico-religiose e i grandi pensatori da Locke a Kant, trasformeranno questa sudditanza in rispetto reciproco in cui ogni persona è un individuo autonomo e indipendente, in grado di servirsi della propria ragione.
Tuttavia, bisognerà aspettare il XX secolo per vedere riconosciuta anche all'individuo malato la propria libertà e autonomia di scelta.

Modelli di relazione medico-paziente
Esistono diversi tipi di relazione medico-paziente, ma i più importanti sono:

  • modello contrattualistico di Hugo Engelhardt, secondo il quale il principio di autonomia è più importante del principio di beneficenza, un modello di tipo impersonale con orientamento deontologico;
  • modello utilitaristico, secondo cui "una norma è buona quando produce il miglior bene";
  • modello paternalistico di Pellegrino e Thomasma, secondo i quali il miglior modello è quello centrato sull'alleanza terapeutica: il medico non deve solo fare il bene fisico del paziente, ma anche quello psicologico, sociale e spirituale, oltre al fatto di valorizzare l'autonomia e riscoprire il reciproco senso di fiducia tra medico e paziente;
  • modello di Veatch, secondo il quale debba esserci un rapporto contrattualistico tra medico e paziente che, però, debba basarsi anche sui cinque punti fondamentali (autonomia, giustizia, mantenere le promesse, dire la verità e non uccidere).

 

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